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Gauguinchi Simao? Da Dove Veniamo?

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?

Il tempo che stiamo vivendo è drammatico, imprevedibile, inatteso, ingovernabile.

Ma cosa ci sarà dopo?

Baricco ci ha invitato a pensare al tempo che verrà evocando la figura dell’audacia.

“Mettere da parte la tristezza, e pensare: cioè capire, leggere il caos, inventariare i mostri mai visti, dare nome a fenomeni mai vissuti…”  e mettersi “Al lavoro dunque, ognuno nella misura delle sue possibilità e del suo talento.”

Recalcati parla del “tempo che stiamo vivendo come il tempo di un trauma collettivo” e di “provare a guardare oltre mentre si è ancora chiusi nelle nostre case, impietriti dalla paura.” Possiamo “rispondere in due modi alla lezione potente del trauma: fingere di tornare a vivere come prima, come se nulla fosse accaduto, oppure” …  “provare a trarre da questa impensata potenza negativa una forza nuova. Pendere il trauma come un’occasione potente di trasformazione.”

Eliminare il superfluo, l’impotenza, gli ingombri l’utopia astratta per coltivare la potenza vitale dell’essenziale.”

E se è vero che nessuno si salva da solo, il sentirci uniti ci può aiutare in questo momento storico così difficile e vorrei condividere con voi un pensiero, un artista: Paul Gauguin.

Il primo aprile di tanti anni fa, nel 1891, dopo una prima esperienza in Provenza con Van Gogh, Paul Gauguin a quarantatré anni salpa da Marsiglia a bordo della nave Océanien, e si dirige a Tahiti, in Polinesia.

“Verrà un giorno in cui mi rifugerò nella foresta in un’isola dell’oceano a vivere d’arte, seguendo in pace la mia ispirazione”.

Fugge dalla metropoli parigina e dal fermento di fine Ottocento, alla ricerca di un mondo in cui la protagonista principale è la natura incontaminata con cui l’uomo convive in perfetta armonia (amava definirsi “il grande Savage”).

La Polinesia rappresenta per Gauguin un “ritorno alle origini”, in una terra meravigliosa e paradisiaca in cui tutto era senza tempo. Gli sembrava di ritrovare l’anima della sua amata nonna materna, Flora, un’attivista socialista peruviana da considerarsi una delle primissime femministe della storia moderna.

Occorreva essere audaci e sognare in grande.

Quella giornata segna l’inizio di un viaggio interiore, personale, complesso che porterà Gauguin, dopo due mesi di navigazione, dall’altra parte del mondo, alla ricerca disperata e febbrile di una vita primordiale, autentica, essenziale e di una nuova pittura.

A Tahiti trova tutto ciò che stava cercando.

Lì dipinge, nel 1897, la sua tela più famosa e monumentale: Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?

La crea in un momento tra i più tristi della sua vita: è malato (aveva seri problemi al cuore ed era sifilitico), in lotta con le autorità locali, isolato sia fisicamente che artisticamente ed aveva appena appreso la notizia della morte della sua figlia prediletta, Aline, e pensava di farla finita ingerendo arsenico. Prima però, si dedica giorno e notte alla pittura. 

Il dipinto rappresenta la sua interiorità, tutto ciò che ha imparato dalla vita, una riflessione sull’esistenza, sull’uomo moderno, il suo testamento spirituale.

Nonostante le dimensioni epiche riesce a realizzarla in un solo mese lavorandoci a ritmi ossessivi e frenetici.

“Ho cercato di tradurre il mio sogno in uno scenario suggestivo, senza fare ricorso a mezzi letterari e con una tecnica quanto mai semplice.”

Non c’è stato alcun disegno preparatore, alcuno studio, il dipinto viene fuori di getto.

“Innanzitutto, l’emozione! Soltanto dopo la comprensione!

In un paradiso tropicale che si era lentamente tramutato in inferno Gauguin ha la forza di infondere in questo quadro tutta la carica vitale delle sue pennellate e, ovviamente, del suo temperamento.

Con l’arte risponde alle paure della vita, a tutte le sue angosce e ai quesiti eterni esistenziali dell’uomo.

Ecco chi siamo: nasciamo, viviamo per stare insieme agli altri, cogliamo il frutto della giovinezza e invecchiamo apprezzando quello che è stato.

«Prima di morire ho trasmesso in questo quadro tutta la mia energia, una così dolorosa passione in circostanze così tremende, una visione così chiara e precisa che non c’è traccia di precocità e la vita ne sgorga fuori direttamente».

L’opera va letta da destra verso sinistra, cerchiamo di rispondere alle domande che Gauguin ci fa nel titolo.

Innanzitutto, guardiamo lo scenario: sullo sfondo il mare e le cime dell’isola vicina. Immediatamente un ruscello sovrastato da alberi. Tutto viene realizzato da irreali blu e verde veronese. I colori antinaturalistici che sceglie l’artista sono ciò nonostante efficacissimi: tanto lontani dalla realtà quanto evocativi.

Per Gauguin non è importante realizzare la fedeltà di ciò che vede ma tradurre nei suoi colori puri e brillanti l’emozione e la forza che la natura infonde a chi la guarda e la vive.

Da dove veniamo?

Chi siamo? 

Dove andiamo?
In lontananza la singolare figura della dea lunare Hina, rappresenta la luna, la femminilità e la creatività secondo la religione polinesiana.

E per ultimo la scritta, il titolo, la domanda universale:

Cosi vi auguro di andare appassionatamente alla ricerca di voi stessi, del vostro talento, della vostra creatività. Ci auguro una riflessione su di noi in questo momento così delicato, ispirandoci al suo quadro, e ai suoi diversi momenti.

Quale dettaglio ci attrae di più? Di quale parte di noi ci sta parlando? Quale suggerimento ci vuole dare?

E vi auguro, ci auguro di voler essere disperatamente, appassionatamente noi stessi!

#stiamoinsieme

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