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Maria Lai Tenendo Per Mano Il Sole

Maria Lai, l’arte che unisce

Maria Lai, Tenendo per mano il sole, 1984-2004
Maria Lai, Tenendo per mano il sole, 1984-2004

Vorrei provare a ripensare al ruolo degli artisti durante le tante crisi che ci sono state nella storia, e vedere se ci può fornire spunti di riflessione per un possibile nuovo immaginario.

Il nostro essere artisti, con la capacità di sentire e di mettersi in ascolto delle atmosfere e delle sensazioni dei tempi ci può dare forse idee, visioni e prospettive.

Stiamo vivendo un periodo surreale, come ci suggerisce la critica d’arte Olga Gambari, al di la di ogni immaginazione.

Ci fu un periodo di passaggio, inquieto, di disillusione e di insicurezze simile a quello che stiamo vivendo negli anni Venti del Novecento, dopo la Prima guerra mondiale.

Le reazioni furono da una parte un ritorno all’ordine, con un’arte più tradizionale con movimenti artistici come il Realismo magico, che cercava nel passato un senso e un’armonia rassicuranti.  Gli elementi della pittura erano precisione realistica, minuziosa resa dei dettagli dall’effetto straniante e atmosfere sospese.

René Magritte, Il Falso Specchio, 1928

Dall’altro il Surrealismo, l’ultima delle avanguardie. Una rivoluzione che invece rifiutava il passato, per un futuro in cui arte e vita combaciassero. Pochi anni prima, avevano già fatto questa battaglia i futuristi e i dadaisti. I loro happening erano esperienze rivoluzionarie con gli spettacoli del mitico Cabaret Voltaire, che volevano distruggere tutti quei valori “borghesi”, che potevano essere associati l’insensatezza della guerra

Il Surrealismo dava libero sfogo all’inconscio, al sogno. Un apparente nonsense all’opposto della razionalità ufficiale, che aveva condotto al delirio di quel momento storico, al caos che sarebbe sfociato nel nazismo, nel fascismo e in un secondo conflitto mondiale.

Disincanto, incertezza che si fa follia in un modo alla fine del mondo, un po’ forse come ci sentiamo noi adesso, “vittime e artefici di un effimero postmoderno e rincorsa dall’onnipotenza autodistruttiva.”

Luis Bunuel, Un cane andaluso, 1929

Negli stessi anni Venti c’era Luis Bunuel, con i suoi film dissacranti che attaccavano il conformismo borghese. Proprio nella scena iniziale del suo sovversivo “Un cane andaluso”, scritto con Salvador Dalì nel 1929, l’occhio di una donna viene letteralmente tagliato da una lama. Una chiave di lettura per allora come per oggi è cambiare lo sguardo, tagliare la pupilla, per vedere con altri occhi.

Giuseppe Penone, Rovesciare gli occhi, 1970

Rovesciare i propri occhi” si intitola l’opera di Giuseppe Penone e il suo autoritratto fotografico con occhi specchianti del 1970, manifesto di una rivoluzione che voleva abbattere i padri per rifondare una nuova società.

Anche oggi possiamo vedere con altro sguardo per immaginare un mondo diverso da quello in cui stiamo vivendo. E sono ancora i surrealisti che ci possono a suggerire una direzione, quella dell’inconscio più intimo, come sorgente: ritrovare un senso a sé stessi partendo da una connessione interiore profonda a valori archetipici e universali, oltre la ragione umana.

Carl Gustav Jung, Libro Rossi, 1914-30

Ricorda l’inconscio collettivo di cui parlava Carl Gustav Jung nel suo Libro Rosso.

Il libro scritto tra il 1914 e il 1930, all’inizio della Prima Guerra Mondiale, è nato da un momento di profonda crisi personale e delusione nei confronti dell’umanità e del razionalismo scientifico della sua epoca. Segna una nuova tappa della sua vita.

“Questa forza spirituale ha sottoposto l’orgoglio e l’arroganza della mia capacità di discernere. Mi prese la mia fede nella scienza, mi spogliò della soddisfazione che mi dava la comprensione e l’ordine delle cose, e mi permise di morire di devozione agli ideali del nostro secolo. Mi ha spinto alle cose più semplici, più preziose ed elementari”

Jung in quegli anni consigliava ai suoi pazienti:

Le consiglierei di mettere tutto per iscritto, nel modo più elegante possibile, in uno splendido libro rilegato. Le sembrerà di banalizzare le visioni, ma proprio di questo ha bisogno per affrancarsi dal loro potere. Se farà così, se le guarderà con questi occhi, il potere di attenzione che hanno su di Lei cesserà. […] Se le rappresenta nella sua immaginazione e tenta di dipingerle. Quando poi saranno racchiuse in un prezioso libro, lo potrà aprire e sfogliarne le pagine e per lei sarà la sua chiesa – la sua cattedrale –, i luoghi silenti del suo spirito ove rigenerarsi. Se qualcuno le dirà che tutto questo è da malati o nevrotici e Lei lo ascolterà, perderà la sua anima, perché essa si trova in quel libro”.

Mi sembra un saggio consiglio che ci possa ridare consapevolezza e così ritrovare tutti insieme il senso della comunità.

Perché se è vero che questa emergenza è stata trattata con un linguaggio bellico

Lo psichiatra Luigi Cancrini ribadisce “La guerra è il tempo dell’odio. In guerra per sopravvivere si è costretti a uccidere l’altro, invece questo di oggi è il tempo della vicinanza e della solidarietà”

Mai come in questo periodo, credo che abbiamo bisogno di “uscire dai nostri muri” e di collaborare “in un contesto improntato sulla generosità”, e imparare a stare insieme e a pensare a un futuro in comune.

Vi propongo così di mettere per immagini i nostri pensieri, le nostre emozioni come delle cartoline “dalle nostre piccole vacanze forzate” come le ha definite Massimiliano Gioni, critico d’arte alla guida della fondazione Trussardi e del New Museum di New York.

Piccole idee, frammenti del quotidiano. Fughe nella poesia e nell’arte. Disgressioni nel sogno. Ogni giorno fino al nostro ritornare insieme vorrei condividere questi piccoli viaggi.

“Viaggi da camera” ha chiamato il progetto alla Fondazioni Trussardi, ispirato, dal romanzo settecentesco “Viaggio attorno alla mia camera”, dove Xavier De Maistre, in isolamento forzato, per arresto, di 42 giorni, scriveva ogni giorno un capitolo.

O raccogliere fotografie ispirandoci al libro di Sibella Court “Imaginarium”, dove l’artista ha raccolto le sue passioni, le sue idee, le ispirazioni.  Immagini della bellezza della natura, dell’arte, di piccoli dettagli, dei tavoli, dei ninnoli, di tessuti, del mare e del cielo. Non ci sono parole o numeri, solo una sequenza di splendide fotografie con un fantastico ritmo cromatico.

“Con questo libro ‘da salotto’ ho cercato di mettere a nudo un’istantanea della mia mente, il dinamismo delle combinazioni di immagini, la mia visione del mondo. Mi piacerebbe che i lettori lo aprissero ogni giorno a una pagina diversa.”

L’invito è di trovare, per chi lo desidera, un’immagine da raccontare, una foto da condividere, una frase da donare.

Comunichiamo insieme e restiamo in contatto perché solo dal collaborare possiamo trovare la forza di uscirne insieme trovando un senso nuovo di collettività.

Sarà la nostra #ArteCheUnisce.

Maria Lai, Legarsi alla montagna, 1981

Come Maria Lai (Ulassai, 1919 – Cardedu, 2013), aveva inventato la prima Arte relazionale nel 1981, Legarsi alla montagna”, collegando con un nastro azzurro di 26 chilometri il suo paese Ulussai alla montagna e tutte le abitazioni tra di loro e ogni abitante al proprio vicino. 

Era un gioco, un filo ideale capace di mettere in relazione le persone, passato e presente.

Aveva capito che “legando le case alle montagne si crea la sinergia, la simbiosi uomo-natura che mai nessuno aveva reso così evidenti e socialmente rilevanti”.

L’arte unisce, tesse storie possibili, legami che ci permettono di riconnetterci gli uni con gli altri e con ogni forma di vita, con il respiro del mondo.

Maria Lai, scomparsa a 93 anni nel 2013, era un’anima silenziosa, tesa a cucire, collegare, unire gli esseri umani al mondo e alla natura.

Lai era la forza che sprigionava la consapevolezza della fragilità, capace di ascoltare i sussulti del cuore e del vento.

E in questo momento di fragilità, crisi e distanza possiamo tessere fili, costruire storie, creare nuovi mondi.

Getto nell’etere questo filo, queste idee, queste suggestioni, e per iniziare quest’opera di Maria Lai che arrivi fino a voi e che in qualche modo possa attraversare i muri.

“L’arte sembra una frivolezza; non dà certezze ma indica

una direzione di salvezza.”  (Maria Lai 1999)

Maria Lai. Tenendo per mano il sole. Stoffa e filo, 1984. Foto Maria-Lai.com

Fiabe di Maria Lai Tenendo per Mano il Sole

“Che cosa vuol dire cucire? Un ago entra ed esce da qualcosa lasciandosi dietro un filo, segno del suo cammino che unisce luoghi e intenzioni. Più che saldare e incollare, che implica estraneità, il filo unisce come si unisce guardando o parlando. Niente ne è fisicamente trasformato. Le cose unite restano integralmente quello che erano, solo attraversate da un filo, traccia di un’intenzione, raggio laser, nota assoluta che fugge da un piccolissimo buco, percorso del pensiero. Un bussare alla porta, un entrare. Esplorazione, non presa di possesso, perché il filo si può tagliare e sfilare, e tutto, luoghi e traccia del pensiero tornano intatti affidati alla memoria che è un altro filo da cucire”.

Vi aspetto per chi vuole condividere questo momento!

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